“Guarda papà! Un elefante!”
Viviamo immersi da mille pensieri e da tantissimi stimoli
continui che ci tirano da una parte e dall'altra come se fosse un tiro alla
fune e noi una corda che spesso ha solo voglia di essere lasciata stare. La
nostra mente è sollecitata in continuazione da tantissimi input diversi, il lavoro,
il telefono, gli impegni più diversi, le chat, social media, tv, radio, e poi i
tanti input che arrivano dai figli per chi ne ha. (Sapete che è stimato che un
bambino da 1 a 3 anni invia in media un input ogni due minuti al genitore?). Insomma
chi più ne ha più ne metta. Di fatto oggi trovare momenti di respiro senza
input esterni è una grande sfida che spesso, anche con tutti i buoni propositi,
alla fine della giornata ahimè, viene persa.
Questi sono i tempi di oggi, la società ci chiede di essere attivi, reattivi e
proattivi, sempre, e sempre di più. Anche il solo utilizzo della chat,
prendiamo whatsapp, richiede un impegno non da sottovalutare, stare dietro alle
tante richieste, feedback da dare, decisioni da prendere e comunicare, sondaggi,
il tutto moltiplicato spesso per decine di gruppi attivi. Pazzesco. Eppure per
molti, quasi tutti, è normale e senza possibilità di troppe alternative.
Il tentativo di trovare dei momenti di respiro da questi input esterni alcuni lo pensano, sono sicuro che in tanti lo desiderano e a volte qualcuno lo esprime. Ma come detto è una sfida, che viene persa non perché gli input sono davvero costanti sempre, ma perché quando essi, per qualche strano motivo, in un certo momento della giornata, si fermano per qualche minuto, siamo noi stessi che immediatamente ne cerchiamo di nuovi. È un po' come se a forza di essere sottoposti a stimoli, non siamo in grado di starne senza e ne diventiamo in qualche modo dipendenti. Un po' come se il silenzio faccia sempre più paura e stare con i nostri pensieri stia diventando a volte disorientante creando un turbamento nel quale non siamo più abituati a stare, a rimanere, e non lo sappiamo affrontare.
Poi capita che qualcuno ci dice di fermarci, respirare,
chiudere gli occhi e stare, senza fare nulla, iniziando a entrare in contatto
con noi stessi e basta, chiudendo le porte agli input esterni di qualsiasi
tipo. E per qualche minuto, capita di provarci, ascoltiamo il nostro respiro e il nostro cuore e ci accorgiamo di quanto sia
potente anche solo dal primo istante in cui si inizia a farlo e ci accorgiamo di
quanto il corpo rientri in uno stato di armonia e di benessere, perché questo
silenzio ci nutre e ci coccola e ci dona energia. Quanto dovremmo farlo davvero
sempre di più..per recuperare noi stessi e mettere un freno a tutto ciò che ci
investe e ci invade in continuazione.
Ma qualcuno dirà, cosa vuoi farci questi sono i tempi moderni, non possiamo
mica fare gli eremiti, ci sono gli impegni, il lavoro, la scuola, i figli da
seguire, gli sport a cui portarli, lo sport da fare noi, le amicizie da
coltivare, i genitori da accudire, e i tanti, tanti gruppi ai quali rendere
conto, rispondere, sollecitare e dare seguito. Vero, certamente. Ma la vita è
davvero questo? voglio dire è fatta di questo soltanto e non ci stiamo perdendo qualcosa di importante?
Cosa è davvero importante?
Il Piccolo Principe diceva "l'essenziale è invisibile agli occhi". Allora non è
che questo essenziale forse si arrivi a coglierlo davvero anche ad occhi chiusi?
Senza guardare uno smartphone o uno schermo di un computer? Non saprei, le
domande possono essere infinite e forse risposte chiare non ci sono tuttavia mi
è successo un fatto l'altro giorno.
Ero in giro con i miei figli, io ero un attimo (si, sempre
un attimo..) a guardare il telefono per rispondere a una chat importante #chepoialtrimentiquandolofacciopoisicuromidimentico,
che uno di loro a un certo punto mi fa "Papà guarda! Un elefante!".
Trovandoci a Faenza e non in Africa e nemmeno in India, e non essendo allo zoo,
la sua esclamazione mi suona quantomeno bizzarra. Tolgo il telefono di mano e
gli dico "Ma cosa stai dicendo? Sei impazzito?" E lui mi fa "Ma si guarda è un
elefante perfetto, bellissimo, guarda che proboscide, è fantastico non posso
crederci!". A quel punto lo guardo esterrefatto e vedo che sta guardando in
alto. Seguo il suo sguardo e mi accorgo di un cielo meraviglioso, con dei
colori incredibili, è quasi l'ora del tramonto, il sole sta dipingendo di
arancione, rosa, e a tratti un rosso rubino, una quantità di nubi favolose con colori cangianti che
vanno dal nero al bianco. La cosa mi emoziona e il mio cuore si riempie di
gioia, io che un minuto prima stavo fissando uno smartphone e non ero consapevole di
quel cielo, per nulla consapevole. In un angolo in alto a sinistra vedo
finalmente anche io un magnifico esemplare di elefante con una proboscide
lunghissima ma proporzionata, orecchie ben posizionate e lunghe quanto basta, e
una bocca sorridente con un occhio che ci guarda incantato.
"Hai ragione! è stupendo" Gli dico! "E guarda a fianco a lui c'è un piccolo coniglio". E intervengono i due fratelli e la sorellina da dietro "Si, e anche un cono gelato che si sta avvicinando a loro" "..e una sfinge" "E anche un lecca lecca gigante" Fa la piccola. Inizia la magia del gioco più bello, più semplice e credo più antico del mondo. La ricerca delle sagome tra le nuvole. E allora penso a quante volte l'ho fatto da bambino durante i pomeriggi impregnati di noia a casa, in giardino, dopo aver fatto i compiti e finita la merenda, a guardare il cielo. Oppure nei viaggi in macchina dove fissavo la strada, contavo le macchine e le dividevo per colore e per forma, e poi guardavo il cielo le nuvole e cercavo sagome, e poi tornavo a contare le macchine.
Quanto è rimasto di questo nella nostra vita oggi? Quanta
possibilità diamo ai nostri figli di annoiarsi e cercare sagome nel cielo? Quanto
stiamo preservando per loro la possibilità di farlo e quanto invece ci preoccupiamo
quando sono senza fare nulla?
La noia è spazio per la creatività, verissimo e noi l'abbiamo visto con i nostri
figli fino ad oggi, cresciuti fortunatamente nel tanto verde, in modo abbastanza
selvaggio nel gioco libero, in pochi impegni stabiliti e tanti spazi vuoti,
riempiti a modo loro con tutto ciò che l'immaginazione dava modo loro di creare.
Ma noi? Abbiamo il coraggio di spegnere qualche input
e riprenderci del tempo per respirare, accettare il silenzio, e perché no, annoiarci?
Abbiamo il coraggio di farlo? Riusciamo a stare in questo? È una sfida,
impegnativa, per molti di più, per alcuni meno, ma sicuramente meravigliosa e
da fare, da proporre a sé stessi il più possibile e con maggiore frequenza.
Perché una cosa è certa, se i nostri occhi sono puntati in basso, ci perdiamo il cielo, e se non guardiamo il cielo, ci dimentichiamo di sognare, e se non sogniamo non viviamo a pieno una vita che è meravigliosa. I bambini ci insegnano sempre, in continuazione, sgridiamoli meno e prendiamoli da modello perché sono loro il modello, e non noi, e sono modello della connessione più naturale col mondo e con le nostre energie più profonde, che è quello che conta, nulla più.
Guardiamo il cielo, perché forse non lo sappiamo ancora ma oggi sopra di noi potremmo avere un elefante, un coniglietto, una sfinge, un cono gelato o un lecca lecca gigante che aspettano solo noi per ricordarci che se anche abbiamo un corpo adulto, il nostro bambino c'è ed è vivo più che mai, e vuole giocare ridere ed emozionarsi sempre, ancora di più, ancora una volta.